Vale la pena battersi per il sogno europeo
- Posted by Staff
- On 25 Maggio 2024
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Pubblicato su Huffington Post il 27/05/2024.
Vale la pena battersi per riaffermare il sogno europeo. Con questa convinzione dobbiamo affrontare l’appuntamento elettorale del prossimo giugno.
La Cina e l’India sono ormai stabilmente la prima e la seconda economia del mondo, davanti agli Stati Uniti. Alla fine del secolo l’Occidente rappresenterà poco più del 10% della popolazione mondiale, e sarà il più vecchio in assoluto. In questo contesto l’Europa resta per noi l’unico vero orizzonte strategico, il tentativo di portare il potere politico ad un livello sovranazionale. Lì, dove la potenza dell’economia da una parte e della demografia dall’altra stanno stravolgendo gli equilibri del mondo e rischiano di consegnarci all’irrilevanza.
Ciò nonostante, veniamo da una stagione in cui si è fatta largo la convinzione che gli interessi popolari potessero essere difesi meglio sotto una bandiera nazionale che sotto quella europea. Una drammatica illusione instillata nell’opinione pubblica da una destra reazionaria, spesso ambigua sui valori di fondo della democrazia stessa, che ha coltivato l’idea di rompere l’Europa per riaffermare la centralità degli Stati nazionali.
Un problema che ci riguarda, e da vicino. Alimentato da una lettura eccessivamente ottimistica tanto del capitalismo quanto della globalizzazione, e dalla conseguente incapacità delle grandi famiglie politiche europee di comprendere ed interpretare, nell’ultimo ventennio, la domanda di protezione e di sovranità democratica che cresceva incontrollata in larghe fasce delle nostre società.
Su questo, che a un certo punto è sembrato a tanti essere un piano inclinato della storia, sono cadute due pietre di prima grandezza: la pandemia prima, le guerre, in Ucraina a est e in Terra Santa a sud del continente, poi. Due crisi che hanno stravolto drammaticamente il nostro tempo e, per molti versi, cambiato l’inerzia delle nostre opinioni pubbliche.
La risposta alla pandemia ha rotto un senso comune che faceva dei vincoli, della burocrazia e del controllo dei conti pubblici la carta d’identità dell’Europa. La gestione dei vaccini e il Next Generation EU hanno rappresentato una svolta all’insegna della solidarietà. L’Europa si è dimostrata, forse per la prima volta, capace di incidere nella vita reale delle persone, assicurando protezione e costruendo opportunità per una crescita orientata alla giustizia, sociale ed ambientale.
D’altra parte, la costante regressione delle relazioni internazionali e la sensazione del progressivo esaurimento dell’equilibrio su cui si è posato il mondo dopo la seconda guerra mondiale, hanno fatto emergere in molti, soprattutto nelle giovani generazioni, la consapevolezza del bisogno che l’Europa assuma il proprio ruolo di player a livello globale.
Un’Europa unita, forte e rilevante nel mondo appare, oggi, essere essenziale. Forse come mai. Il bivio a cui si è costretti, d’altronde, non è mai stato così chiaro: un nuovo protagonismo da costruire attorno ai pilastri di pace e giustizia sociale o un destino di irrilevanza.
Dobbiamo coltivare il progetto di un’Europa in grado di parlare una sola lingua in materia di politica estera e di sicurezza, capace di mantenere coesione interna e allo stesso tempo avere coerenza di atteggiamenti in un contesto globale sempre più instabile. L’obiettivo non può e non deve essere quello di assumere il ruolo di superpotenza in competizione con gli altri player globali, bensì di acquisire la forza necessaria per portare avanti un’azione di equilibrio e di moderazione. Un’Europa costruttrice di pace nel mondo.
Con la stessa convinzione, bisogna dire che le grandi scelte sociali fatte in risposta alla crisi pandemica non possono essere una parentesi. Non si tratta di rivendicare un traguardo raggiunto bensì di difendere un orizzonte strategico. Il modo più efficace di farlo è recuperare il senso più profondo della parola socialismo come chiave per ripensare un modello di sviluppo più giusto e sostenibile, che metta al centro la difesa dei beni pubblici fondamentali: lavoro, ambiente, salute.
“Non ci si può permettere di sprecare una crisi. È un’opportunità di fare cose che non si pensava di poter fare prima”. Questa famosa citazione di Rahm Emanuel, già capo di gabinetto di Obama alla Casa Bianca, risale al 2008, all’inizio della grande recessione, ma è quanto mai valida oggi per chi crede nel sogno e nel progetto europeo.
Le elezioni del prossimo giugno sono un passo in questa direzione. Non il primo, non l’ultimo. Ma certamente un passo importante. Non sprechiamolo.
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