Niente sinistra senza questione sociale
- Posted by Staff
- On 9 Gennaio 2020
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Intervento su Huffpost.it del 9/1/2020
La più grande mobilitazione spontanea che l’Italia abbia conosciuto negli ultimi anni ha visto una partecipazione giovanile straordinaria, trasversale e determinata a liberare l’Italia dalle catene dell’odio nazionalista. Le sardine hanno scosso la coscienza di una generazione intera, riattivandone la volontà, spesso ormai sopita, di fare la propria parte.
Abbiamo tutti negli occhi le immagini di Piazza San Giovanni. Erano in centomila a rivendicare la voglia di una politica sana, diversa. Hanno alzato la bandiera dell’antifascismo e affermato, in modo inequivocabile, che le piazze non sono proprietà esclusiva della destra.
Quelle piazze rappresentano un segnale importante. Vitale, proprio per la natura generazionale che le caratterizza. Ma commetteremmo un errore imperdonabile a pensare che possano bastare a se stesse.
Perché la rabbia che innerva una parte del nostro paese, e nella quale la destra ha affondato le sue radici, non nasce per caso. E’ il prodotto di anni di difficoltà in cui tanti si sono sentiti indifesi e insicuri di fronte a una crisi lunghissima e ai cambiamenti di un tempo radicalmente nuovo in cui la combinazione tra progresso tecnologico, finanza e globalizzazione – di cui siamo stati paladini miopi incapaci di leggerne le contraddizioni – ha beffato tanti. I ricchi si sono arricchiti mentre i poveri si sono impoveriti.
Proprio la nuova generazione, poi, quella di chi oggi ha tra i venti e i trent’anni, è quella che ha pagato di più. La più formata della storia, ma rimasta ai margini del mondo produttivo. E’ la generazione di chi ha dedicato un pezzo importante della propria vita a studiare e costruire aspettative che sono rimaste in gran parte deluse.
Ragazze e ragazzi che, passando da uno stage all’altro, confinati nella condizione di figli e senza la possibilità di costruire vera indipendenza, hanno dovuto imparare che il futuro è spesso del tutto diverso da quello che avevano immaginato e li attende quasi sempre lontano da casa. Una generazione schiacciata tra la difficoltà di andare via e l’impossibilità di rimanere vicino ai propri affetti. Una condizione che ha sgretolato famiglie e certezze in tante aree del nostro Paese.
Per questo stringerci assieme contro il “pericolo fascista” non può e non deve bastare. Non più. Dobbiamo capire che risponderemo con efficacia alla destra solo se saremo in grado di costruire una proposta capace di rispondere a queste contraddizioni e prosciugare le ragioni sociali che l’hanno resa così forte.
È evidente che di fronte a questa sfida non basteranno formule organizzative. Pensare di cavarsela solo modificando lo schema tattico con cui disporre la squadra in campo sarebbe una tragica illusione. Bisogna scrollarsi di dosso l’immagine di una sinistra salottiera e disconnessa dalla realtà, contigua invece con le élite di ogni campo, per ritrovare scelte e parole nuove, gioco forza radicali.
Ripartire dal lavoro. Per chi non lo ha, per chi è costretto a lavorare gratis, con paghe irrisorie, senza tutele, senza ferie e senza malattia. Ritrovare il coraggio di parlare di investimenti in scuola e università come principali leve per combattere le ineguaglianze, di batterci perché quello alla salute sia un diritto garantito a tutti, senza distinzione, di raccontare come investendo nella cura dell’ambiente possiamo allo stesso tempo creare occupazione e contribuire a salvare il Pianeta.
È il momento del coraggio. Non possiamo più permetterci di aspettare. Dobbiamo strappare alla destra la questione sociale, senza quale la sinistra, semplicemente non ha motivo di esistere.
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